Intervista di Franco Morabito all’ex campione di pugilato Sandro Mazzinghi

Ott 3, 2018 by

di Franco Morabito

Oggi compie 80 anni ma la leggenda non è scalfita dal tempo: Sandro Mazzinghi è e resterà uno dei pugili più grandi e più amati della boxe italiana, protagonista di incontri che ha sempre affrontato con tenacia, caparbietà, forza, coraggio, irriverenza e tecnica.

– Si dice che il suo sogno da ragazzino fosse quello di correre in bicicletta.

“Sì, mi sarebbe piaciuto ma non avevamo i soldi per comprarla e così scelsi la boxe, c’era già mio fratello Guido che la faceva e indossare un paio di guanti non costava niente”.

– Una infanzia trascorsa sotto le bombe e con tanta miseria: quanto ha inciso tutto questo sul suo carattere di combattente?

“Fin da bambino ho lottato su tutto, per un pezzo di pane e per diventare qualcuno. E anche dopo ho continuato a lottare per tenermi stretto quello che avevo conquistato con sudore e fatica senza mai l’aiuto di nessuno”.

– Mazzinghi, il “martello” di Pontedera, perché?

“Più che martello, gladiatore e guerriero erano appellativi che mi si addicevano bene perché sul ring non indietreggiavo mai, ero sempre all’attacco e lavoravo i miei avversari al corpo per fargli abbassare la guardia e trovare lo spiraglio del ko”.

– Ha sempre detto che suo fratello Guido, fermatosi alla soglia del titolo europeo dei medi, è stato fondamentale per i suoi successi.

“Guido era tutto per me: fratello, amico, consigliere e manager; insieme abbiamo scalato montagne intere, girato il mondo e vissuto momenti indescrivibili”.

– Il titolo mondiale vinto con l’americano Ralph Dupas che la consacrò il quarto italiano dopo Carnera, D’Agata e Loi a indossare la cintura iridata. Che cosa ricorda di quel match?

“Avevo 25 anni, Dupas con già all’attivo 120 combattimenti mentre io solo 17 o 18 . Fu subito una battaglia, cercavo di stringerlo sempre alle corde e di non dargli fiato, volevo assolutamente diventare campione e alla settima ripresa con un montante destro lo misi ko”.

– Con Mario D’Agata eravate molto amici.

“Il nostro bel rapporto è durato tutta la vita. Mario era un campione ma soprattutto un piccolo grande uomo, ho preso tanto da lui”.

– Non si può parlare di Mazzinghi senza ricordare Giovanni Borghi, patron dell’Ignis e padre putativo di tanti nostri pugili.

“Era innamorato dello sport e mi ha sempre sostenuto come un padre, con affetto. Aveva creato un impero anche lui partendo da zero”.

– Quali sono stati gli incontri più duri della sua carriera?

“Quello con il sudcoreano Ki-Soo Kim, una vera corrida nello stadio infuocato di San Siro con 60 mila spettatori, un match stupendo quanto cruento, 45 minuti di pura follia, ma ritornai campione del mondo ed era l’unica cosa che volevo. L’altro a Stoccolma contro Bo Hogberg: 14 riprese di una violenza inaudita tanto è vero che dopo quel match in Svezia fu abolito il professionismo”.

– La dura rivalità con Nino Benvenuti e i recenti approcci per una riappacificazione 50 anni dopo. Leggenda o verità?

“Verità. Ognuno di noi ha dato il massimo, ci siamo scontrati per mezzo secolo ma adesso siamo arrivati tutti e due a 80 anni e dico sempre: ringraziamo il cielo. Sarebbe bello che fossimo ricordati anche per una rivalità, fra le più belle nella storia dello sport”.

– La sua boxe e quella di oggi, che cosa è cambiato?

“Quasi tutto, a cominciare dall’approccio con l’avversario; non vedo più pugili scambiarsi colpi importanti e fare una preparazione meticolosa come quella che facevamo noi”.

– Fra i suoi sostenitori c’era anche Walter Chiari.

“Ci accomunava la passione per la boxe, Walter aveva fatto il pugile e stravedeva per me, ogni volta che combattevo  a Roma o Milano lo trovavo a bordo ring”.

– Il pugile che ha ammirato di più?

“Ray Sugar Robinson: il più grande di tutti, il mio idolo. Da lui ho ricevuto il complimento più bello: dopo il match con Jo Gonzales salì sul ring e mi disse: dovresti venire qua da noi perché con la tua boxe faresti impazzire gli americani”.

– Mazzinghi pugile, cantante e scrittore: un successo a tutto campo. Come è stato possibile?

“La passione per il canto l’ho sempre avuta, in un momento particolare della mia vita scrissi due brani orchestrati dal grande maestro Gianfranco Intra, piacquero così tanto che mi fu proposto di cantarli nella tournée italiana del cantante Adamo. Scrittore, invece, perché lo scrivere mi ha sempre rilassato e raccontare la mia vita mi piace perché voglio che i giovani  conoscano il sacrificio di un uomo che dal nulla è arrivato sul tetto del mondo”.

– L’amore per la famiglia: la moglie Marisa e i figli David e Simone più importanti di tutto.

“Sono stato fortunato e stravedo per loro, mi sono sempre stati vicino”.

– Com’è la sua vita oggi? Come trascorre le sue giornate?

“In campagna fra le mie viti, ora è tempo di vendemmia e per me è sempre una gioia”.

– Molti premi ricevuti in carriera, un altro il 19 novembre a Milano. A Pontedera le hanno dedicato pure una statua in bronzo.

“Sento da sempre l’amore e l’affetto di tutti e a 80 anni questo mi rende ancora felicissimo ed emozionato. Grazie”.

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